A New York un sindaco tricolore

 

NEW YORK. Bill De Blasio è il nuovo sindaco di New York. Il 6 novembre scorso si è infatti guadagnato la poltrona di Primo Cittadino di una delle capitali più importanti al mondo con il 73% dei consensi, contro il 25% del rivale repubblicano Joe Lhota. Il “gigante buono” di Brooklyn (è infatti alto quasi due metri) ha festeggiato al Park Slope Armory, a pochi passi da dove vive con la moglie Chirlane e i due figli, e ha ringraziato nella lingua del Belpaese parenti e amici. È stato un trionfo. Un momento di grande commozione, celebrato in pompa magna anche in un borgo dell’Italia del Sud, dove un gruppo di amici, sostenitori e ammiratori ha seguito da un maxischermo, bottiglia alla mano, tutto lo spoglio. Il posto in questione è Sant’Agata dei Goti, un comune di circa 11mila abitanti in provincia di Benevento, il paesino natale dei suoi nonni materni, i quali emigrarono in America a caccia di fortuna. E quella fortuna è arrivata alla fine di un intenso 2013 e ha felicemente investito il 52enne democratico di Brooklyn, nelle cui vene scorre sangue campano e lucano. Il “Grazie a tutti” di Bill ha esaltato questo frammento d’Italia, una presenza ancora viva al di là dell’oceano. Anche l’attrice Susan Sarandon è voluta essere presente ai festeggiamenti e ha dichiarato: “Sono molto contenta, con lui la gente di New York sarà più coinvolta, bisogna lottare per l’uguaglianza”. Infatti a esaltarsi per questa vittoria sono stati tutti quei newyorkesi che ancora aspettano una vera e propria svolta liberal. Un cambiamento favorito in primo luogo dal suo essere discendente di una famiglia di migranti, in secondo dalla sua aspirazione fortemente interculturale, anche confermata dal simpatico assortimento della sua famiglia: moglie afroamericana e due giovani figli chiamati Dante e Chiara, per via del suo grande amore per la letteratura italiana – non è un caso che Bill recitasse a memoria l’Alighieri!
Nei confronti della sua figura, democratica, e della sua origine, italo-americana, c’è quindi tanto entusiasmo e ottimismo. Lo stesso che caratterizzò la salita alla poltrona di sindaco di New York di altri tre nostri connazionali, lungo il corso del Novecento. Fra i precedenti ci sono stati due personaggi che hanno fatto la storia della Grande Mela, Fiorello La Guardia, dal 1934 al 1945, Rudolph Giuliani, dal 1994 al 2001, e un terzo, Vincent Impellitteri, dal 1950 al 1953, che forse pochi ricorderanno. La Guardia, sindaco durante la seconda guerra mondiale, era figlio d’immigrati pugliesi di Cecchignola e amministrò la metropoli per dodici lunghi anni favorendo la ripresa economica e la politica sociale. Impellitteri emigrò da Isnello, in provincia di Palermo, e risollevò le finanze della città introducendo i parchimetri. E infine Giuliani, il cosiddetto sindaco-sceriffo della lotta alla criminalità, il cui nome è legato purtroppo alla caduta delle Torri Gemelle nel 2001; ma che anche in quella tragica occasione, dimostrò doti di grande umanità e incredibili capacità organizzative nel guidare la ferite di una città caduta ancora una volta sotto il terrorismo.
Oltre ad essere il quarto sindaco italo-americano, Bill è un democratico che è riuscito a staccare la città da un “cordone ombelicale” repubblicano durato venti lunghi anni (l’ultimo fu David Dinkins, nonché primo sindaco afroamericano di New York). E con lui la Grande Mela ci prova ancora. De Blasio ha infatti dichiarato di volersi battere per un municipio più equo e per colmare il triste divario tra ricchi e poveri. “Combattere le ineguaglianze non è facile, non lo è mai stato – ha affermato – i problemi non saranno risolti in un giorno. Ma non finirò mai di battermi”. Una promessa questa che il sindaco ha fatto sua durante tutta la campagna elettorale e che si è affiancata alla sua grande frustrazione per l’ineguaglianza imperante tra i cittadini, per l’intolleranza delle forze dell’ordine e per i prezzi sempre più esorbitanti del mercato immobiliare. Il suo più grande obiettivo – a partire dal 1 gennaio 2014 – è quello di migliorare i servizi dei cittadini “per non lasciare più nessuno indietro”. Un obiettivo che non sarà facile raggiungere, ma che imprimerà senza dubbio una svolta liberal alle politiche della città più influente degli Stati Uniti d’America.

                                                                                                                              Cristina GRIFONI

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