“Milano 7”, il disco d’esordio di Nicolaj Serjotti
Semplici ed essenziali, versi che vanno dritto al cuore di questa nostra attuale condizione esistenziale ma con una sonorità leggera e “colorata” che elimina le tossine dell’angoscia e riporta il tutto alla normale dimensione del sogno a occhi aperti di fuggire via, sul divano, con il sorriso sulle labbra e con la sicurezza che è soltanto questione di tempo.
Anticipato dai singoli Ottobre (guarda il video), Scarabocchi (guarda il video) e Latitudine (guarda il video), Milano 7 è il disco d’esordio di Nicolaj Serjotti, in uscita oggi 27 novembre per Virgin/La Tempesta.
Nove tracce prodotte da Fight Pausa e Wuf che ci trasportano dritti nell’universo poetico e sonoro di un giovane artista nato e cresciuto in provincia di Milano, più precisamente Milano 7.
I nove titoli di “Milano 7” sono secchi, fulminei, capaci di inquadrare immediatamente il senso di uno stato interiore che però è sempre il riflesso di una situazione concreta. E così Mostri affronta la dicotomia fra la tentazione di affrontare il buio, le immagini cupe della nostra intimità e la voglia di liberazione/rimozione dai pensieri negativi.
Un brano come Mitra descrive in modo diretto e a tratti brutale (Sento il tempo che mi stritola e che grida/Vorrei avere in mano un mitra con cui farla finita) un romantico senso di impotenza per il tempo che passa e le relazioni che si sfaldano. L’elemento tempo ricorre anche in Ottobre: è il tempo che si rincorre continuamente e che genera quella frustrazione che si prova di fronte allo scarto tra ciò che è, o che è stato, e le aspettative che si avevano. Una sensibilità condivisa con l’amico Generic Animal, non a caso presente in questo brano con un featuring (così come Serjotti aveva preso parte alla traccia Alveari nell’album di Luca Galizia).
A colpire nel segno sono le metafore ironiche di Tetrapak:
Non mi dimenticherò mai quel suo silenzio ad Amsterdam/Anche se non ci penso mai, siamo andati a scatti come quando parte il tram)
o le iperboli di Senza fiato:
“Sparavamo ogni notte alla luna Sperando che il cielo non controllasse“
Due tracce in cui Nicolaj affronta le difficoltà di una relazione e il disagio nel comunicare i propri sentimenti. Ma poi c’è anche la capacità di ridisegnare la percezione di una città, trasformandola in una sorta di cartone animato dal gusto naif, come accade in Scarabocchi, dove “i palazzi sembrano di cartone e il cielo senza sfumature”.
La voglia di fuggire dalle frenesie della vita di tutti i giorni sognando viaggi verso destinazioni lontane di Latitudine:
“Questo mio vuoto non si riempie, ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine / Appena posso prendo un volo, cambio latitudine”.
E il bisogno di abbandonarsi a un attimo di puro relax con l’interludio/divertissement Pepsi Cola. Fino ad arrivare alla traccia conclusiva, Colpa mia, un brano che si rivela come una seduta di autoanalisi, fra assunzioni di colpa e lacrime finte:
“Mamma mi dice di fare attenzione, mi dice “mi raccomando”/Ma io so cominciare e smettere di piangere a comando“.
In un tappeto sonoro che strizza l’occhio all’hip hop, con un linguaggio ironico e la capacità di creare immagini e situazioni surreali, la quotidianità della provincia e la ricerca generazionale della propria identità e del proprio posto nel mondo, che stanno al centro della poetica di Serjotti, diventano piccoli e improvvisi riflessi di una condizione più generale.
Eleganza compositiva e audacia sperimentale, suoni strettamente rap, con batterie squantizzate e strofe ricche di incastri, ma anche momenti in cui Nicolaj si abbandona a melodie e atmosfere più leggere su tappeti che si tingono di sfumature elettroniche. L’innesto perfetto fra tecnicismi e assonanze si traduce in una scrittura fluida che però, a tratti, dimostra una straordinaria capacità di cambiare passo e trasformarsi in sperimentazione, nell’utilizzo di schemi metrici inusuali e pattern ritmici innovativi.
Arianna Caracciolo