Il DNA riscrive la storia dei Fenici e dei Punici
Lo studio che cambia la mappa del Mediterraneo antico
Uno studio internazionale pubblicato su Nature rivoluziona le conoscenze sulla civiltà fenicia-punica, una delle protagoniste della storia del Mediterraneo. Attraverso l’analisi del DNA antico di oltre 200 individui vissuti tra il Levante e l’Europa occidentale, i ricercatori hanno scoperto che le popolazioni puniche non derivano in larga parte dai Fenici orientali, come finora si è spesso ipotizzato. Al contrario, i Punici si formarono grazie a un’intensa mescolanza tra popolazioni locali — tra cui siciliani, sardi, iberici e nordafricani — e non tramite migrazioni di massa dal Medio Oriente.

Lo studio, tra i più ampi mai condotti nel campo dell’archeogenetica, ha coinvolto 14 siti archeologici distribuiti tra il Levante, l’Africa settentrionale, la penisola iberica e le isole maggiori del Mediterraneo. Al centro della ricerca, l’analisi del genoma di 210 individui antichi, di cui 128 riconducibili al mondo fenicio-punico. A sorprendere i ricercatori è stato il dato emerso dalle necropoli puniche: invece di riflettere un’origine omogenea, le comunità si rivelano geneticamente eterogenee, frutto di incroci tra genti di diversa provenienza, spinte dai commerci, dai matrimoni e dalla mobilità mediterranea.
Un contributo italiano centrale
Determinante è stato il contributo delle missioni italiane, coordinate dall’Università di Roma “La Sapienza” e da Unitelma, con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). In particolare, si distinguono due progetti: quello guidato da Alfredo Coppa, focalizzato sulle trasformazioni genetiche e culturali nella penisola di Cap Bon (Tunisia), e quello diretto da Lorenzo Nigro, dedicato alla città di Cartagine e alle sue necropoli. Entrambi hanno offerto dati cruciali per comprendere la composizione delle popolazioni puniche.
Dai Fenici ai Punici: una storia riscritta
I Fenici, abili navigatori e commercianti, nacquero nel Levante durante l’Età del Bronzo. Fondatori del primo alfabeto, estesero la loro influenza culturale fino alle coste dell’attuale Spagna. Cartagine, fondata nel IX secolo a.C. in Tunisia, divenne la capitale dell’impero punico e un potente attore nel Mediterraneo. Ma secondo i nuovi dati, la potenza cartaginese non fu il risultato di una diaspora fenicia compatta, bensì di un’interazione continua e profonda con le culture autoctone.
Tra le scoperte più curiose, anche il ritrovamento di due parenti stretti — cugini di secondo grado — sepolti uno a Kerkouane (in Tunisia) e l’altro a Birgi (in Sicilia), segno di legami familiari transmarittimi che confermano l’esistenza di un Mediterraneo antico già globalizzato.
Una civiltà multiculturale prima di Roma
I risultati rafforzano l’idea di un mondo antico estremamente connesso, dove l’identità culturale non era frutto di conquiste o migrazioni di massa, ma di scambi, adattamenti e contaminazioni. La civiltà punica appare oggi come una società multiculturale per eccellenza, antesignana del Mediterraneo romano. E le popolazioni locali, spesso ritenute passive rispetto all’influenza fenicia, emergono ora come protagoniste della costruzione del mondo punico, e quindi della futura civiltà mediterranea di cui Roma sarà erede.
In un’epoca in cui il concetto di identità è spesso al centro del dibattito pubblico, lo studio pubblicato su Nature ricorda che le radici della nostra storia affondano nella diversità, nell’incontro e nella mescolanza.
Una piccola parte delle tante testimonianze che puoi trovare nella magica isola della Sardegna
NORA

Nora sorge sulla penisola che chiude a sud-ovest il golfo di Cagliari e fu uno dei maggiori centri della Sardegna di età fenicia, punica e romana. Il sito abbandonato in età tardo antica venne riportato in gran parte in luce negli anni Cinquanta del secolo scorso da Gennaro Pesce ed è oggi un parco archeologico aperto al pubblico in cui lavorano contemporaneamente quattro Università italiane in sinergia con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio.
LA STORIA
Nora, grazie alla sua posizione geografica privilegiata nell’ambito della rete commerciale del Mediterraneo antico, venne frequentata sin dall’età fenicia (VII-VI sec. a.C) e visse un considerevole sviluppo nel corso della fase punica (V-II sec. A.C). Durante il VI secolo a.C. la città conobbe, grazie al dominio dei cartaginesi, un periodo di ricchezza economica dovuta agli scambi commerciali con l’Africa.
La Sardegna diventa romana nel 238 a.C; entrata nell’orbita politica di Roma, la città ebbe una prima fase di fioritura nella seconda metà del I a.C, quando, divenne municipium, ma il momento di massima vitalità fu tra la fine del II sec. d.C. ed il secolo successivo. Dall’età severiana la città assunse il suo definitivo assetto urbanistico, con la costruzione di buona parte dei monumenti che ancora oggi vediamo.
Il lento e progressivo abbandono avvenne a partire dal V sec. d.C., probabilmente a causa dell’invasione dei Vandali che portò la popolazione a spostarsi nelle zone più sicure dell’entroterra, fino al completo abbandono in età medievale.

IL SITO ARCHEOLOGICO DI PULA
Oggi della fiorente città di Nora è possibile ammirare le rovine nel parco archeologico di Pula, a pochi minuti dal centro turistico. Le testimonianze della civiltà fenicio-punica sono stata quasi del tutto coperte dalla successiva dominazione romana.

I primi interventi archeologici su larga scala si devono a Francois Vivanet, che, a seguito di una forte mareggiata nell’inverso del 1889, ebbe modo di individuare una parte del thofet punico, in prossimità dell’attuale chiesa di Sant’Efisio.
La presenza fenicia è testimoniata dal ritrovamento della Stele di Nora, dalle evidenze archeologiche individuate sotto il Foro romano, nel Tempio di Esculapio e dalla necropoli ad incinerazione.
I monumenti meglio conservati risalgono all’epoca romana. Tra le strutture più interessanti si possono visitare le terme, il teatro, l’unico finora ritrovato in Sardegna, l’abitazione patrizia cosiddetta Casa dell’Atrio Tetrastilo, il Tempio romano, il Foro, passeggiando per le strade su cui si affacciano i resti delle botteghe artigiane.
STELE DI NORA
Era il 1773 quando, alla periferia di Pula, presso la chiesa di San Raimondo, l’abate domenicano di origini polacche Giacinto Hintz individuò il più importante e per tanti aspetti enigmatico documento epigrafico a caratteri fenici ritrovati in Sardegna, tra i più antichi del Mediterraneo occidentale.

Un documento di eccezionale importanza; se dopo 244 anni di studi ancora si dibatte sul contenuto delle otto righe incise nell’arenaria porosa è evidente che dietro quei segni, la stele nasconde ancora la sua intima verità.
Dal 24 luglio 1993, giorno dell’inaugurazione della nuova sede all’interno dell’area dell’ex Regio Arsenale, è esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. 105 cm e larga 57, la cosiddetta Stele di Nora appunto. La stele è databile intorno all’VIII secolo a.C. e riporta un’iscrizione in alfabeto fenicio sulla cui interpretazione gli studiosi ancora dibattono.
Per alcuni ricercatori i caratteri dell’alfabeto non sarebbero soltanto e puramente fenici, ma si tratterebbe di un alfabeto misto fenicio-sardo, con caratteri usati dal popolo dei Sardana appunto. Nella stele inoltre compare la più antica attestazione del nome della Sardegna.
Oggi la Stele di Nora è conservata al Museo archeologico nazionale di Cagliari,
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