Intervista a Francesca Amodio, autrice del libro L’Osteria del Palco
Intervista alla giornalista Francesca Amodio autrice di “L’OSTERIA DEL PALCO – Storie gastro-musicali di musicisti on the road”. Il libro è un particolare omaggio alla storia dei 25 anni del MEI–Meeting Etichette Indipendenti, e al festival di Faenza ideato da Giordano Sangiorgi.
Come nasce l’idea di creare questo libro itinerante di storie gastro-musicali “on the road”, di artisti che hanno fatto la storia del MEI negli ultimi 25 anni?
L’idea è di Giordano Sangiorgi, che poco prima dell’inizio della pandemia mi ha telefonato proponendomi il progetto, che io ho sposato subito e con entusiasmo; mi ha lasciato carta bianca su tutto, così ho selezionato venticinque personalità che reputo tra le più interessanti del panorama musicale attuale e li ho introdotti paragonandoli ciascuno ad una pietanza e, talvolta, ad un vino. È stato molto divertente e stimolante.
Cosa rappresenta per te e per gli artisti emergenti – dal tuo punto di vista – l’unicità del Festival della Musica Faenza ideato da 25 anni da Giordano Sangiorgi?
Rappresenta la libertà creativa tout court, un grande senso di umanità ed una grande condivisione. In quei giorni a Faenza si respira un’aria bellissima, i musicisti emergenti vengono supportati dai grandi nomi della musica indipendente italiana con spontaneità, viva curiosità e sincero interesse. Credo che il M.E.I. sia un vero unicum da questo punto di vista.
Omar Pedrini ha sostenuto questo bellissimo progetto partecipando alla stesura della prefazione, in qualità di rocker ed appassionato di enogastronomia, e inizia raccontando un interessante pezzo della sua storia. Tra le sue parole, cosa ti ha colpito di più?
Il suo coraggio. A quei tempi fare rock in italiano era una sfida, era nuotare controcorrente con tutti i venti del mondo avversi. Alla fine però i risultati sono arrivati, eccome. Ancora oggi i Timoria sono fra i capisaldi del rock alternativo in italiano, e molti dei loro dischi sembrano quasi profetici, anticipatori dei tempi, visionari.
Con quale criterio hai selezionato i 25 artisti che celebrano i 25 anni della storia del MEI–Meeting Etichette Indipendenti?
Il criterio fondamentale, per me, è stato quello di non averne. Parlare di generi musicali, dal mio punto di vista, non ha mai avuto molto senso, quanto piuttosto parlare di buona musica e cattiva musica, quello sì, è l’unica discriminante che ho usato per scegliere chi intervistare e tutti e venticinque gli artisti presenti ne fanno di meravigliosa, senza lasciarsi trascinare dalle mode futili e spesso sterili del momento. Ciascuno di loro ha messo al centro della propria arte la libertà e la genuinità, e questo si percepisce dalle loro canzoni quanto dai racconti presenti nel libro.
Come sei riuscita ad associare impeccabilmente le pietanze ad ogni band o artista, e a quale tipo di cucina ti sei ispirata?
A tutte le cucine del mondo. Ogni piatto di cui ho parlato ha una storia e credo che i piatti tipici di una regione siano la sua carta d’identità. I piatti che mangiamo ci parlano di loro, a partire dalla loro consistenza, dalla loro fragranza, dal profumo, dalla lavorazione, fino ad arrivare, per l’appunto, alla storia, al viaggio che li ha portati in quel determinato luogo. Non è un processo molto diverso dalla costruzione di una canzone e quindi del suo autore, per cui a volte un piatto che avevo assaggiato mi riportava immediatamente ad un artista, mentre altre volte accadeva il contrario, le caratteristiche dell’artista mi riportavano al ricordo di una pietanza.
Che tipo di connessione esiste tra ogni artista e ciò che mangia, condito di emozioni vissute nei posti del cuore?
Da ciò che una persona mangia si può dedurre davvero molto, e non mi riferisco, naturalmente, solo ad una questione di scelte radicali, come può essere quella di non mangiare più carne. La fruizione del cibo è un momento, quasi sempre, di forte socialità e convivialità, ed in questo libro gli artisti hanno raccontato di come le tavolate post concerto siano quanto di più vicino al concetto di famiglia ci sia quando si è lontani da casa per un tour, motivo per cui molti di loro, quando possono, tornano a mangiare negli stessi affezionati ristoranti.
Quale aneddoto ti ha più colpita di più, tra le storie delle oasi gastronomiche frequentate dalla grande carovana della musica indipendente?
Sicuramente la fissa passeggiata macabro – digestiva dei The Zen Circus nel cimitero adiacente il loro ristorante del cuore, sulla via Emilia, è un aneddoto divertentissimo, così come il ristorante in Grecia della famiglia di Riccardo Sinigallia che era diventato, per un periodo, una sorta di mini mondo, in cui i musicisti suonavano, preparavano i pezzi prima di partire per un tour, componevano, scrivevano, il tutto mentre si serviva pesce fresco e ci si scambiavano pezzi di vita con turisti, sconosciuti, amici.
Dopo la tua conclusione finale, “L’Osteria del Palco – Storie gastromusicali di musicisti on the road” finisce con un vero e proprio itinerario gastro-musicale consigliato dagli artisti. Si pone anche come una guida on the road per appassionati di musica e buon cibo?
Decisamente sì. Pur nella diversità dei luoghi citati, hanno tutti un denominatore comune di unicità e genuinità; in ciascuno di essi ogni musicista ha trovato casa pur standone, di fatto, lontanissimi, per cui ciascun luogo citato diventa un’esperienza da far provare non solo al palato, ma soprattutto all’anima.
Cosa ti ha insegnato questa esperienza, durante e dopo la sua stesura?
La stesura del libro è avvenuta in pieno lockdown, pertanto mi ha insegnato a riappropriarmi del lusso del tempo e della calma, due componenti essenziali per la scrittura che nella vita frenetica di tutti i giorni spesso siamo costretti a sacrificare. Una volta terminato, come tutti i prodotti artistici, il libro comincia a prendere il volo e a diventare altro da te, quindi mi incuriosisce sempre, nei dibattiti e nelle interviste relative al libro, la molteplicità dei punti di vista delle persone riguardo ad una stessa tematica. Il dibattito ed il confronto aprono sempre nuovi scenari, spesso inaspettati.