“The Wilderness. Niente di tutto ciò è reale” di Fabrizio Favale

La prima coreografia, Lute rappresenta lo scintillare della brace in un antico dialetto italico. Quell’enigmatico scintillare che tanto ipnotizza in geometrie evanescenti. Come se fosse la pulsazione di un codice tanto alieno quanto universale. Come i linguaggi che non comprendiamo ma che ci catturano come in sogno. È davanti a quelle braci che l’uomo ha iniziato a raccontare storie fantastiche. Quasi che quel luccicare fosse la dimora stessa e l’origine del sogno ad occhi aperti, dell’invenzione. 

“Questo lavoro si spinge in una direzione visiva alterata e sognante. Immerse in uno spazio vuoto e reso scintillante da speciali effetti luce/video, due figure appaiono come esseri non ben identicabili che danzano e costruiscono strani oggetti. L’incertezza permane per tutto il tempo delle loro misteriose azioni. Qualcosa nella loro stessa natura è alterato, come a rivelare mutazioni artificiali: sono interamente umani, ma la loro pelle scintilla come un minerale e trascinano sulle spalle una ora essiccata e misteriosamente colorata da bagni chimici o incroci genetici. La loro perpetua e incessante azione lascia intuire una misteriosa attività da api. Qualcosa di esatto, quasi meccanico, traspare nelle loro azioni nel disegnare traiettorie e geometrie spaziali. Danzano in un linguaggio inventato, che attraversa diversi codici e in definitiva non ne sceglie nessuno. Quasi volesse lanciare nell’etere un messaggio comprensibile a tutti gli animali. O decriptare qualcosa nelle infinite possibilità del dire. Questo lavoro porta lo spettatore nella meditazione di un luogo che non è né qui né là, che arriva nella modalità spettrale con cui arriva la luce di stelle ormai estinte. Inaugura una strada che mescola materiali organici e inorganici, giocando con la morfologia dei danzatori che rilasciano bagliori e scintille. Questo forse è solo il disegno di un piccolo e insensato arabesco. Un enigma che vorremmo dedicare alla memoria di Alan Turing”. (Fabrizio Favale

Dopo aver frequentato a lungo paesaggi agricoli, industriali o selvaggi all’aperto con progetti speciali e appositamente dedicati, la compagnia Le Supplici torna con The Wilderness in teatro, inventando e descrivendo un paesaggio inesistente, apparentemente nudo, geometrico, alieno.  

“Lo spettacolo, ponendosi la problematica ottica e percettiva di ciò che vediamo quando guardiamo qualcosa, nel confine sempre incerto fra ciò che è reale e ciò che è sognato, si presenta in rapide e leggere traiettorie danzate, strettamente incrociate come di disegni di volo di rondine, in un instancabile nero ricamo su uno sfondo plumbeo. Qui incontriamo figure enigmatiche in un perpetuo senso del mistero, dell’incertezza. Le danze sono costruite per rendere questo senso del mistero, dove il confine fra ciò che è e ciò che sembra non è esattamente rintracciabile. La tematica è arcaica eppure attualissima: un senso del magico, rispetto alla percezione, ha accompagnato l’uomo fin dagli inizi, e ancora oggi, a dispetto della nostra tecnica, sogno e realtà si scambiano i propri tasselli in un continuo dialogo. Una danza ipnotica e vagamente psichedelica agita da sette danzatori, in movimenti che sembrano accennare al ripetersi di cicli naturali. Qui sono intrecciati in un’unica trama danzante aspetti geometri e ripetitivi, sincronie e canoni come in uno sbocciare di frattali in natura e aspetti aspri, selvatici, umorali, emotivi che rimandano a quelle essenze dell’esperienza poco decifrabili eppure dense di vita. La questione del paesaggio è forse anche la questione dell’incertezza. Il paesaggio, reale o immaginario che sia, implica sempre due questioni: l’una è geometrica, per così dire, dove si ha a che fare con le distanze, le prospettive, ciò che si riesce a percepire o a percorrere. L’altra ha che fare con l’anima, in un dialogo muto fra immagini che si svolge da qualche parte e non sappiamo dove. Per cui non è raro vedere l’Islanda là dove c’è solo un declivio verso il torrente o vedere un estemporaneo raduno di Etruschi là dove dei contadini questionano in lontananza. Eppure mentre cerchiamo di ricucire le incongruenze suggerite da un luogo spettrale, mentre cerchiamo di giustificarne e misurarne le distanze, qualcosa rigoglia e avanza e rinfoltisce e rende impraticabile qualunque luogo che prima aveva una parvenza di familiarità. The wilderness, viene chiamato altrove: terra selvaggia”. Fabrizio Favale 

FABRIZIO FAVALE è Full Scholarship presso American Dance Festival, Duke University USA nel 1990. Dal 1991 al 2000 è danzatore per la compagnia Virgilio Sieni e riceve, nel 1996, il Pemio della critica come miglior danzatore italiano dell’anno. Come coreografo nel 2011 riceve la Medaglia del Presidente della Repubblica al talento coreografico italiano. Nel 1999 fonda la compagnia Le Supplici. I lavori Un ricamo fatto sul nulla e Il gioco del gregge di capre ricevono premi per la coreografia in Spagna, Germania e Serbia. Fra il 2005 e il 2007 realizza il progetto Mahabharata – episodi scelti in cui collabora con Francesca Caroti, Roberta Mosca e David Kern (Forsythe Company) e con il gruppo Mk. Nel 2012 realizza un cortometraggio per The Valtari Mistery Film Experiment dei Sigur Rós. È ideatore di una serie di progetti indipendenti dedicati alla ricerca tra cui: Piattaforma della Danza Balinese per Santarcangelo Festival e Gamelan progetto interamente prodotto dal Festival Fabbrica Europa Firenze e esportato in altri importanti contesti della nuova danza (entrambi i progetti sono co-ideati con i coreografi Michele di Stefano e Cristina Rizzo), Leib del 2004, Piana del Mar (2007), Circo Massimo per Teatro Duse e Le Supplici per Youth dance Art (2017), un atelier periodico tenuto direttamente dai danzatori della compagnia Le Supplici. Collabora con musicisti internazionali come Mountains, Teho Teardo, Daniela Cattivelli. Il lavoro Ossidiana è invitato alla Biennale de la Danse de Lyon 2016 e la produzione CIRCEO 2017 è coprodotta da Théâtre national de Chaillot, Paris. 

8 OTTOBRE | SALA SHAKESPEARE ORE 20.30 

LE SUPPLICI  

Lute + The Wilderness 

coreografia Fabrizio Favale 

produzione KLm – Kinkaleri / Le Supplici / mk 

co-produzione Festival MilanOltre con il contributo di MiBAC, Regione Emilia Romagna 

The Wilderness. Niente di tutto ciò è reale 

ideazione e coreografia Fabrizio Favale 

assistente alla creazione Andrea Del Bianco 

costumi, scene e immagini First Rose 

interpreti Daniele Bianco, Daniel Cantero, Vincenzo Cappuccio, Francesco Leone, 

Angelica Margherita, Mirko Paparusso, Danilo Smedile 

cura del progetto Andrea A. La Bozzetta 

con il sostegno di h(abita)t – Rete di Spazi per la Danza / Sementerie Artistiche, Crevalcore 

MilanOltre Festival 

INFORMAZIONI, PRENOTAZIONI E PREVENDITA: 

Teatro Elfo Puccini, C.so Buenos Aires 33, Milano 

tel. 02.00.66.06.06 – biglietteria@elfo.org 

www.milanoltre.org 

(Foto: Ibis_Tanz_ph_Paolo_Cortesi) 

Michele Olivieri 

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