Il genio della Pop Art: Andy Warhol

Oltre 100 opere in un condensato di arte, colori, musica, cinema, e personaggi iconici del mondo dell’arte e della musica per questa straordinaria mostra che si terrrá fino al 15 Novembre 2020 https://www.tate.org.uk/whats-on/tate-modern/exhibition/andy-warhol dove lo spettatore sará catapultato nel mondo multiforme di Andy Warhol. Espressioni e riflessioni di un personaggio che trovava nell’espressione artistica il valico alla timidezza, alla non completa accettazione di se stesso che lo portò persino ad indossare una parrucca argentea che diverrà il suo punto di forza. 

Un percorso tra le caratteristiche principali del padre della Pop Art partendo dalle icone del Cinema con i ritratti di Marylin Monroe sino ai personaggi di spicco della politica con Mao Tse-tung, uno spaccato dedicato agli anni 70 in una nicchia che racconta la vita notturna a New York, fino ai rapporti tra Andy Warhol e i mostri sacri della musica e della moda. 

Alla soglia degli anni Cinquanta la società newyorkese vede la nascita di nuove forme di comunicazione, inseguendo e dominando questa scia, Warhol intrappola gli elementi della pubblicità in una nuova forma d’arte capace di abbandonare il messaggio comunicativo primario. È il caso delle rappresentazioni di lattine Campbell’s Soup o Coca Cola realizzate mediante serigrafia e acrilico su tela.  

Nascono così anche le serie dedicate ai volti delle celebrità, come Liz Taylor, Mao e Marilyn, in cui la bellezza dell’attrice viene annullata gradatamente da sovrapposizioni di colore. Nasce il periodo “Icone” dove l’artista omaggia le sue icone non solo del cinema come Marylin Monroe, ma anche personaggi della storia, della musica e della vita quotidiana.  

Rende omaggio a tutte quelle voci, che sono emarginate dalla societá, parla di sesso, di generi sessuali, di cui lui era perseguitato, parla di razzismo, raffigurando giovani donne nere, di diverso ceto sociale, fino ad arrivare all’idea del consumismo.  

Il consumismo: la vera democrazia troverebbe compimento nella società dei consumi, che renderebbe tutti uguali dinanzi alle caratteristiche dei prodotti più diffusi. I prodotti più familiari, più banali, d’uso quotidiano, che tutti sono in grado di procurarsi, diventano dunque la specifica più nota dell’arte di Andy Warhol: tutti abbiamo in mente le immagini della stessa bottiglia di Coca-Cola o quelle della zuppa Campbell.

Andy Warhol desiderava porre l’attenzione degli osservatori proprio su questi oggetti, talmente ordinari e banali da suscitare anche scalpore. Lo aveva detto anche Marcel Duchamp: “se tu prendi la lattina della zuppa Campbell e la ripeti cinquanta volte, quello che ti interessa non è l’immagine visiva. Quello che ti interessa è il concetto che ti ha portato a mettere cinquanta lattine di zuppa Campbell sulla tela”. 

L’abitudine a consumare per giorni e per anni gli stessi prodotti è propria della società capitalista, e per Warhol questa abitudine era ormai diventata talmente ripetitiva da arrivare a dominarlo da rappresentarla sulla tela.  

Il connubio con la musica ha inizio nel 1949 quando Warhol intraprende l’attività di disegnatore di album musicali; il successo arriva però nel 1967 con la creazione del celebre “album banana” per i   The Velvet Underground & Nico di Lou Reed. Una copertina provocatoria su cui era applicato lo sticker di una banana matura gialla e nera la cui rimozione portava alla luce un frutto dal colore roseo: un chiaro riferimento al simbolo fallico. 

Oggi Warhol è universalmente riconosciuto come un genio anticonformista, ma la sua carriera, soprattutto all’inizio, non fu così rosea: etichettato come “Andy lo straccione”, non fu particolarmente apprezzato dalla critica che non riusciva a comprendere la genialità delle sue opere iconiche sempre fuori dal coro.  

La sua morte, giunta inaspettata il 22 febbraio del 1987, lasciò il mondo orfano di un mostro sacro che cambiò il corso della storia con le sue serigrafie. 

Foto e articolo di Simone Palermo

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