Crisi climatica e pandemia, 2 realtà minacciose a confronto

Di Arianna Caracciolo

Il 2020 doveva essere un anno cruciale per affrontare la crisi climatica, invece il riscaldamento globale è passato in secondo piano a causa della pandemia di coronavirus. La situazione attuale di ripresa, superata la fase 2, potrebbe comunque dare nuovo slancio, alla lotta contro il cambiamento climatico e il degrado ambientale. Non va dimenticato che Il 2019 è stato l’anno più caldo mai registrato in Europa, con temperature medie di quasi due gradi al di sopra di quelle della seconda metà del XIX secolo, come indicato da un rapporto sullo stato del clima pubblicato di recente su Copernicus Climate Change Service (C3S), sito web di informazioni autorevoli sul clima passato, presente e futuro in Europa e nel resto del mondo. 

In una situazione in cui cittadini, media e mondo politico focalizzano l’attenzione sulla pandemia, un’altra crisi, quella climatica e della sostenibilità in generale, continua a essere presente. Inoltre crisi climatica e pandemia si assomigliano: entrambe ci stanno danneggiando, entrambe sono causate dall’intervento umano sugli ecosistemi, per entrambe la scienza ci dice a cosa stiamo andando incontro e quali strategie adottare, muovendosi tra pressioni politiche, industriali, corporative. Il coronavirus e il cambiamento climatico sono problemi molto seri, ma tra le due crisi c’è una fondamentale differenza, ha affermato il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres “Il Covid-19 è un problema temporaneo che un giorno scomparirà, il cambiamento climatico esiste invece da molti anni e rimarrà con noi per decenni”.

Perché preoccuparsi dello scioglimento dei ghiacciai alpini o dell’inquinamento atmosferico e del mare, delle deforestazioni globali, degli animali in estinzione o dei cambiamenti climatici quando un virus, fino a pochi mesi fa sconosciuto, ha sconvolto le nostre vite proprio in questo periodo? Una domanda legittima, alla quale molti di noi rispondono forse in maniera inconsapevole.  In un certo senso la pandemia è la prova generale di quello che ci aspetta con il cambiamento climatico. Inoltre, nonostante la riduzione di emissioni nocive, in tempi di coronavirus, la coscienza ecologica è messa a dura prova.

Ad esempio nei piccoli gesti, quando decidiamo di prendere l’automobile per dei tragitti non indispensabili, per sentirci meno esposti al rischio di contagio. Oppure quando non esitiamo a utilizzare un sacchetto di plastica per raccogliere rifiuti potenzialmente infetti quali mascherine e fazzoletti. O ancora, quando lasciamo scorrere l’acqua del rubinetto per lavarci le mani così come raccomandato dalle autorità sanitarie, utilizzando fino a otto litri di acqua ogni volta. 

Da un’altra prospettiva il coronavirus, più che distogliere l’attenzione dal riscaldamento globale, sembra avere avuto un impatto positivo sul clima. In seguito alla chiusura di aziende e industrie, così come all’arresto del traffico aereo, le emissioni mondiali sono diminuite drasticamente e in molte città la qualità dell’aria è migliorata. Le conseguenze della pandemia dovrebbero comportare quest’anno una riduzione del 6% dei gas a effetto serra, secondo l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia.  Da più di un mese, subito dopo i primi giorni di lockdown, ha iniziato a farsi strada la percezione che la pandemia stesse paradossalmente facendo bene al pianeta.

Finalmente l’uomo arretrava e la natura si riappropriava dei propri spazi. A testimoniarlo numerose immagini di acque limpide, animali in città, cieli tersi, mappe satellitari che mostravano la riduzione dell’inquinamento sulle aree più inquinate del pianeta.  Non c’è però motivo di rallegrarsi, avverte l’OMM, secondo cui la pandemia avrà pochi effetti duraturi sul clima. “Appena sarà passata, il pianeta tornerà al lavoro e le emissioni di CO2 riprenderanno” prevede Lars Peter Riishojgaard dell’OMM di Ginevra, in un’intervista al quotidiano 24 Heures.  

Per Nick Mabey di E3G, un think tank indipendente con varie sedi in Europa, che sostiene la transizione globale verso un’economia a basse emissioni, la sfida sarà di procedere a un rilancio dell’economia che sia compatibile con gli obiettivi del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile – e dichiara – “Dobbiamo affrontare urgentemente la crisi sanitaria e i suoi effetti sociali ed economici. Non possiamo però dimenticare che nella corsa per fermare il cambiamento climatico, il tempo stringe”. Negli Stati Uniti, in piena campagna elettorale per le presidenziali di novembre 2020, il New York Times riporta che conservatori sostengono che la crisi economica a causa del lockdown è solo l’antipasto di quello che il paese dovrà affrontare nel caso venisse approvato il piano di rilancio ambientale conosciuto come Green New Deal.

Nel frattempo, a causa dell’emergenza Covid-19 le scadenze pressanti rischiano di venire dilatate. L’annuale conferenza internazionale sul clima che avrebbe dovuto tenersi a novembre in Scozia è stata rimandata a data da stabilirsi. In generale, i ricercatori in scienze ambientali si aspettano poco dai governi, la cui unica priorità sarà di rilanciare l’economia “aggrappandosi a ciò che sanno fare meglio, ovvero lo sfruttamento delle energie fossili”. Augustin Fragnière, esperto di clima all’Università Svizzera di Losanna, è dell’avviso che toccherà alla società civile e ai movimenti per la protezione del clima far sentire la propria voce. “La battaglia del cambiamento climatico si vincerà nelle strade e alle urne”. 

Anche perché per proteggere le popolazioni dagli effetti del cambiamento climatico, non si potrà contare sulla scoperta di un vaccino. 

Un pensiero riguardo “Crisi climatica e pandemia, 2 realtà minacciose a confronto

  • 27 Maggio 2020 in 10:05
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    Durante il covi d-19 tanti lavoratori e tante aziende Italiane, Europee e nel mondo hanno sperimentato il “Telelavoro” oggi chiamato Smart Working. Questa in parte potrebbe essere la chiave per ridurre spostamenti, viaggi e diminuire così parte delle emissioni. A causa del coronavirus siamo stati costretti a sperimentare più a fondo la tecnologia del lavoro a distanza e dopo questo banco di prova, speriamo che dove ci siano le oggettive possibilità si migri per utilizzare questo approccio lavorativo. Solo cambiando radicalmente le nostre abitudini si può veramente pensare di poter attuare un piano ecologico per il futuro. Speriamo che da un’esperienza negativa si possa trarre qualche beneficio a lungo termine.

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