COMPAGNIA ZAPPALÀ DANZA

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MilanOltre racchiude in tre serate tre lavori che portano al cuore di un percorso della Compagnia catanese: viaggio, migrazione e appartenenza. “Fuori programma” nello Spazio Atelier del Teatro Elfo Puccini il pubblico potrà “giocare” con MINDBOX, pluripremiata installazione video/audio interattiva e performance creata nel 2009. Una slot-machine della danza nata dalla sinergia artistica tra Christian Graupner, artista berlinese e Roberto Zappalà. MindBox è un “catapulta mediatica” a tre canali, fatta per essere toccata dal pubblico. Il braccio e i pulsanti funzionano come interfaccia tattile per le azioni di un personaggio filmato, le cui espressioni vocali e i cui movimenti possono essere ricomposti e riprodotti dallo spettatore. Mette in scena il gioco d’azzardo come coinvolgimento compulsivo del giocatore nella performance della musica e della danza. Cattura i sensi del pubblico, offrendogli un allegro gioco basato su un mix di elementi che vanno dalla musica alla coreografia, dalla cinematografia alla danza al beat boxing. Il 10 ottobre ore 21.00 la Sala Fassbinder accoglie Naufragio con Spettatore (2010) «uno spettacolo – scrive persinsala.it – intenso, perfetto nella coreografia, grazie anche a due danzatori prodigiosi (Roberto Provenzano e Fernando Roldan Ferrer). Uno di quei rari spettacoli di danza contemporanea che, partendo da problemi attuali, concreti e sotto gli occhi di tutti, invitano a trascenderli, per una riflessione più profonda sulle condizioni della nostra esistenza e sul significato del nostro vivere. Prima tappa di Odisseo lavoro sull’emigrazione/immigrazione e sul rapporto che noi bianchi/occidentali abbiamo nei confronti del popolo migrante. Sia il viaggio di Ulisse che molte delle tragiche odissee del tempo presente si dislocano entrambi nella stessa mappa: il mediterraneo. Mediterraneo che vede la Sicilia al suo centro, come sempre la Sicilia è stata tra la massime produttrici di “materiale umano da esportazione” tra ‘800 e ‘900. Partendo dall’idea del naufragio si è approdati a concetti quali viaggio, fame/sete, morte/salvezza, assenza di spazio, oltre a riferimenti a Ulisse in quanto naufrago e unico sopravvissuto nell’isola di Alcinoo (e poi anche nel definitivo naufragio secondo la concezione dantesca), e non si è potuto non trattare la cronaca con i continui attraversamenti dei migranti e i conseguenti e tragici naufragi; da quello di Porto Palo (il più grande naufragio della storia del mediterraneo dopo la seconda guerra mondiale) a quello del marzo 2009, con tre imbarcazioni con più di 350 migranti affondati al largo della Libia. Spunti emotivi e riflessioni sono stati tratti anche dall’opera pittorica di Théodore Gericault La zattera della medusa e dal saggio Naufragio con spettatore di Hans Blumenberg. L’11 ottobre alle 20.30 in sala Shakespeare Instrument 1 <scoprire l’invisibile> del 2007 è la prima tappa del progetto di Roberto Zappalà attraverso il quale il coreografo indaga alcuni strumenti inusuali e in genere difficilmente utilizzati in forma solistica, per renderli protagonisti in scena. Gesualdo Bufalino scrice che la Sicilia non esiste, ci sono cento Sicilie e ognuna ha altrettante interpretazioni. Per interpretare servono gli strumenti e lo spettacolo si fa carico, nel senso letterale e metaforico. Instrument 1, è infatti dedicato al marranzano (lo scacciapensieri), strumento musicale associato alla tradizione siciliana (e spesso alla cultura mafiosa) che Puccio Castrogiovanni, leader del gruppo musicale Lautari, esplora in un’affascinante ricerca, utilizzandone diverse tipologie e portandolo a ritmi e sonorità innovativi e di grande impatto. In scena insieme a Castrogiovanni i sette danzatori della “Compagnia Zappalà Danza”, tutti uomini, che interpretano con vigore una Sicilia senza confini, in cui la tradizione e il moderno non vedono una netta distinzione, ma si incrociano, si ritrovano, si fondono. «Zappalà – scrive Giuseppe Di Stefano su ilsole24ore.com – sublima le logorate immagini di credenze, concetti e abitudini della Sicilia attraverso una danza pura, vigorosa, d’urto, che segue e incalza le vibrazioni del marranzano dalle inedite e innovative sonorità. Sulla musica dal vivo dei Lautari i sette danzatori, dalle tuniche color terra, intrecciano scatti felini, nervosi, velocissimi, con pose scultoree, languide movenze, corse affannose che cedono il passo a soste che immobilizzano le membra in un’arcaica attesa. È l’inerzia a staccarsi da terra, a intraprendere attività, a distillare il tempo. Ma appena il balzo è fatto, l’energia esplode, corale o solitaria, furibonda. E determina relazioni, scompagina le traiettorie. Il corpo del danzatore diventa strumento di indagine delle sue potenzialità. Lo ribadisce al microfono lo spagnolo del gruppo che sciorina frasi, nomi e accostamenti improbabili, mentre a lato freme il gruppo in una danza travolgente che si scatena e ci sommerge in un finale di dirompente solarità». Il 12 ottobre la Sala Shakespeare (ore 20.30) ospita Anticorpi, creazione del 2013, è il tassello stilistico dedicato esclusivamente alla danza nell’ambito del progetto Sudvirus o dell’appartenenza. Si configura come la declinazione “scientifica” del progetto. Come in un negativo fotografico (rispetto ai virus benefici di Sudvirus, coreografia dello stesso anno) il linguaggio coreografico, che ha come punto d’inizio l’osservazione al microscopio del virus “analizzato”, si sviluppa in una coreografia convulsa e minuziosa che i danzatori della compagnia rendono linguaggio dal contagio sottile, coinvolgente e progressivo. Sul palcoscenico/vetrino i movimenti in apparenza caotici di organismi macroscopici (i danzatori), “replicano e ritrasmettono” l’apparente caoticità di organismi microscopici; ma, come nella vita, il caos è organizzato. E, se in laboratorio spesso si utilizzano liquidi di contrasto per meglio scoprire e seguire nuovi percorsi della materia che si intende analizzare, allo stesso modo, in Anticorpi, un preludio di Bach e uno scioglilingua siciliano ripetuto come un mantra si insinuano nel tessuto percussivo/ossessivo della musica elettronica per indicare nuovi percorsi estetici e narrativi. In Anticorpi incomincia a delinearsi l’altro aspetto del progetto, quello relativo all’appartenenza. Nello spettacolo il virus viene declinato dall’ambito biologico a quello culturale trasmettendo il suo contagio da un corpo biologico ad un corpo sociale. Trasportato dal corpo/voce dei danzatori il virus si insinua così in quelle manifestazioni assolute di appartenenza che sono gli inni, (nazionali e non), per creare così spazi e mondi possibili ma inesplorati, che dal caos conducono alla pacificazione finale. Danze e suoni come oasi di diversità, luoghi altri che, parafrasando Calvino de Le citta invisibili, ci permettano di distinguere nel virus/mondo che ci circonda quello che virus non è, e dargli spazio. «Sul ritmo compulsivo e martellante, un “mantra” lo ha definito il coreografo, di un materiale sonoro che impasta la carnalità dello scioglilingua siciliano con la purezza astrale della musica di Bach, il gruppo danzante si aggruma e si scioglie di continuo, in sequenze dinamiche che ormai accolgono risolutamente anche il salto, la corsa o la caduta, dando origine a una partitura coreografica tanto sapientemente virata verso la decostruzione della forma – nell’appoggio sul suolo, nella conduzione del peso e nell’indagine delle direzioni spaziali – quanto aperta a un gesto esplicito che, per quanto in via residuale, rimanda a quel “Sud” da cui l’opera prende le mosse» (Krapp’s Last Post). / Info, prenotazioni, prevendita: tel. 02.00.66.06.06 / biglietteria@elfo.org / www.milanoltre.org

Michele Olivieri

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