ORSINI, POPOLIZIO, LOJODICE IN “COPENAGHEN”

Giovedì 15 novembre alle ore 21, presso il Teatro alle Vigne di Lodi, tre grandissimi attori calcheranno lo storico palcoscenico, Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice in un testo di straordinaria rilevanza, “Copenaghen”, dell’inglese Michael Frayn. Scene di Giacomo Andrico, costumi di Gabriele Mayer, luci di Carlo Pediani, regia di Mauro Avogadro.

Uno spettacolo della “Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma – Teatro Nazionale”, in co-produzione con “CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia”. www.compagniaorsini.it

Copenaghen” ha debuttato nel 1998 al National Theatre di Londra; poi a Broadway, vincendo il Tony Award (l’Oscar del Teatro americano). “Il testo di Frayn, amato da un pubblico sempre numerosissimo, visto come un evento dai teatri delle maggiori città, sorprendente per la costante attualità del tema trattato” scrive Umberto Orsini.

Cosa avvenne nel 1941 a Copenaghen quando improvvisamente il fisico tedesco Heisenberg fece visita al suo Maestro Bohr, in una Danimarca occupata dai nazisti? Entrambi erano coinvolti nella ricerca scientifica: ma su fronti opposti e probabilmente vicini ad un traguardo che avrebbe portato alla bomba atomica. Perché l’allievo andò a Copenaghen a trovare il suo maestro? Essendo Heisenberg a capo del programma nucleare militare tedesco voleva, in nome della vecchia amicizia, offrire a Bohr, che era mezzo ebreo, l’appoggio politico della Gestapo in cambio di qualche segreto? O al contrario, essendo mosso da scrupoli morali, anche se tormentato dalle conseguenze che sarebbero potute ricadere sul destino della sua patria martoriata e che lui amava pur non essendo nazista, tentava di rallentare il programma tedesco fornendo a Bohr, che era schierato con gli alleati, informazioni sull’applicazione dei fondamenti teorici della fissione?

Su questi presupposti l’autore dà vita ad un appassionante groviglio in cui i piani temporali si sovrappongono, dando un valore universale alle questioni poste dai protagonisti. Fatto sta che le diverse ipotesi fatte all’epoca vengono qui enunciate una dopo l’altra e quindi vengono messi in scena diversi incontri tra i due fisici, con diversi andamenti. Viene quindi a tradursi metaforicamente, come struttura portante dell’impianto drammaturgico, quel Principio di Indeterminazione e di Complementarietà pronunciati molte volte nella pièce e così determinanti per l’elaborazione della teoria della relatività ad opera di Einstein. Non è possibile una sola verità oppure una sintesi efficace delle diverse verità perché una verità è semplicemente un punto di vista, il punto di vista di chi l’ha enunciata. Tutto è umano, niente è assoluto. Si possono avere solamente risposte indeterminate e quindi la somma degli scenari possibili e ciò vale anche per quell’incontro tra i due fisici. Il Novecento, così come la vita umana sono fatti di tante zone grigie, di tanto silenzio, ma finché esisterà l’uomo si cercherà sempre, in mezzo al vuoto che ci circonda e alla polvere sollevata, la traccia rarefatta di una particella di chiarezza e di verità che, comunque, ci salverà.

Così la critica: “La grande lezione del Teatro inglese che sa arrivare al cuore del pubblico attraverso un tema apparentemente difficile come quello del dibattito scientifico lascia stupefatti…” (Franco Quadri, La Repubblica)

È raro che un cronista di cose teatrali si arrischi a tanto; è raro che dica, senza mezzi termini, andate a vedere questo spettacolo, andatelo a vedere tutti, in specie voi che non andate mai a teatro, voi che lo detestate, o credete di detestarlo. (…) Copenaghen è teatro di una semplicità disarmante e di una intensità espressiva senza pari.” (Franco Cordelli, Corriere della Sera)

Formatosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, Umberto Orsini ha esordito in teatro con la compagnia De Lullo-Falk-Valli-Guarnieri (1957), recitando in seguito con la compagnia Morelli-Stoppa, con S. Ferrati (Chi ha paura di Virginia Woolf?, 1963; Chi è Claire Lannes?, 1969) e con Gabriele Lavia per la compagnia del Teatro Eliseo, di cui è stato a lungo direttore artistico (1982-97). Interprete moderno e controllato, convincente nei ruoli classici (I masnadieri, 1981; Otello, 1994), si è distinto soprattutto con gli antieroi del repertorio contemporaneo (Old times di H. Pinter, 1973; Servo di scena di Ronald Harwood, 1981; Amadeus di P. Schaffer, 1987; Besucher di B. Strauss, 1989; Il nipote di Wittgenstein da T. Bernhard, 1991; Affabulazione di P.P. Pasolini, 1993; Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller, 1997). Nel 2006 è diretto da M. Castri in “Il padre” di A. Strindberg e nel 2008 è tornato sulle scene con “La ballata del carcere di Reading” di O. Wilde, regia di E. De Capitani. Tra gli ultimi spettacoli “Il giuoco delle parti” di Luigi Pirandello (2014), “Il prezzo” di Arthur Miller (2015). Dopo il debutto nel cinema con Federico Fellini (La dolce vita, 1959), è stato valorizzato da Luchino Visconti (La caduta degli dei, 1969; Ludwig, 1972), segnalandosi in ruoli di fine ambiguità (Al di là del bene e del male, 1977; Pasolini, un delitto italiano, 1995; Il viaggio della sposa, 1997; Il partigiano Johnny, 2000). In televisione Umberto Orsini ha conosciuto grande popolarità interpretando numerosi sceneggiati, tra cui il celebre “Fratelli Karamazov”, regia di Sandro Bolchi (il testo biografico è tratto dall’Enciclopedia Treccani).

Formatosi artisticamente e professionalmente all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, Massimo Popolizio intraprende la carriera di attore teatrale e, appena diplomato, inizia una proficua collaborazione artistica con il regista teatrale Luca Ronconi. Nel 1995 vince il “Premio Ubu” come miglior attore per gli spettacoli “Re Lear” di William Shakespeare e “Verso Peer Gynt” ispirato al Peer Gynt di Henrik Ibsen: viene nuovamente premiato nel 2001 per “I due gemelli veneziani” di Carlo Goldoni. Nel 2006 si aggiudica invece l’Eschilo d’Oro, conferitogli da parte dell’INDA. Nel 2012 ecco John Gabriel Borkman. Nel 2013 è in televisione con “Il clan dei camorristi”, e in “Una grande famiglia”. È la voce di Lord Voldemort in “Harry Potter”, di Tom Cruise in “Eyes Wide Shut”. Al cinema in “Romanzo criminale”, “Mare nero” e “Mio fratello è figlio unico”, “Il divo” di Sorrentino. E poi “Benvenuto Presidente!” e “La grande bellezza”.

Dei numerosi film di Giuliana Lojodice ricordiamo tra i più recenti “La vita è bella”, “Fuori dal mondo”, e “Il ricco, il povero e il maggiordomo”, del 2014. Protagonista in numerosi sceneggiati televisivi, da “Una tragedia americana a Oblomov”, “Il conte di Montecristo”, “Sheridan”, “Giocando a golf una mattina”. Grandissima attrice a teatro, con Aroldo Tieri è stata protagonista di numerosi spettacoli di grande successo, da Shakespeare a Salacrou, da Ugo Betti ad André Roussin, da Bernard Shaw a Feydeau, a Svevo e Molière.

La Stagione di Prosa del Teatro alle Vigne prosegue l’11 dicembre con “Poker”, di Patrick Marber, con la Compagnia Gank. “Tra gli spettacoli che ricordo con maggior piacere e sorpresa” (F. Cordelli, Corriere della sera).

Info: tel 0371 409 855 / www.teatroallevigne.com

Michele Olivieri

Foto di Marco Caselli Nirmal

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